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Al Ministero delle Imprese si è svolto un incontro cruciale sul futuro dell’ex Ilva, durante il quale è stato presentato il nuovo piano di decarbonizzazione del gruppo siderurgico. Il progetto prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di preridotto (DRI) a Taranto e l’installazione di due forni elettrici, uno nel capoluogo jonico e uno a Genova, per un investimento complessivo stimato in circa 2 miliardi di euro.
Si tratta di una trasformazione ecologica profonda del ciclo produttivo dell’acciaio, che include anche la riconversione dell’attuale centrale elettrica di Taranto per alimentare i nuovi impianti. Tuttavia, le organizzazioni sindacali hanno espresso forti preoccupazioni sui possibili effetti occupazionali, in particolare per lo stabilimento di Novi Ligure.
Sindacati in allerta: “Serve un piano chiaro per i lavoratori”
Luigi Tona, segretario generale della Fim Cisl Alessandria – Asti, ha ribadito l’importanza del polo di preridotto a Taranto per garantire stabilità all’intera filiera: «Senza quella produzione, viene compromessa la tenuta industriale e occupazionale anche negli altri siti, Novi incluso».
Nella città piemontese la situazione è già critica: circa 600 lavoratori sono in cassa integrazione a zero ore fino alla fine di agosto. «Serve un piano concreto per assicurare la continuità produttiva – ha sottolineato Tona –. L’incertezza attuale è un rischio reale per la tenuta sociale del territorio».
Cisl: “La transizione ecologica non sia un alibi per tagliare posti”
Marco Ciani, segretario generale della Cisl Alessandria-Asti, ha lanciato un appello alla responsabilità: «Non possiamo permettere che la transizione verde diventi una scusa per ridurre l’occupazione. Servono investimenti mirati, garanzie precise e una strategia industriale vera».
I sindacati hanno annunciato che continueranno a esercitare pressione su tutti i livelli istituzionali per difendere il futuro dello stabilimento di Novi Ligure, considerato un punto nevralgico dell’industria siderurgica nazionale.